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Territorio e Storia

VIAGGIO NEL COMUNE DI ORRIA

Il Comune di Orria, in Provincia di Salerno, la cui circoscrizione comprende la frazione Piano Vetrale e la contrada Casino Lebano, è uno degli ottanta comuni compresi nel perimetro del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni, e di esso è parte integrante per bellezza e ricchezza di scenari.

Il territorio del Comune di Orria, incluso interamente nell’ambito della Comunità Montana “Gelbison e Cervati”, ha una superficie di 26,34 chilometri quadrati e confina con i territori dei Comuni di Perito, Gioi, Salento, Stio, Magliano e Monteforte C.to.

Presenta una popolazione complessiva di circa 1162 abitanti (Censimento 2011), ed una altitudine media di 540 metri sul livello del mare.

Orria, gemellato col Comune di Guardia Sanframondi (BN), è facilmente raggiungibile sia provenendo da Nord che da Sud.

In treno: le stazioni ferroviarie più vicine sono Omignano Scalo e Vallo-Castelnuovo, distanti rispettivamente 11 e 14 chilometri.

In auto: lasciando la Salerno-Reggio Calabria, all’altezza di Battipaglia, imboccando la Variante alla Statale 18, transitando per Agropoli, per poi svincolare ad Omignano Scalo.

Da dove, in pochi minuti, percorrendo una strada che si arrampica su per le colline, costeggiata da ulivi, fichi, vigneti e zone incolte, regno assoluto di ginestre, corbezzoli, eriche, tagliamani, mirto e tante altre piante della macchia mediterranea,  passando per la Contrada Casino Lebano, si raggiunge il centro abitato di Orria.

Toponimo, che secondo la tradizione, significa “granai”, derivando, narra una leggenda, da una esclamazione di un Dux Longobardo, che diretto a Benevento con il suo esercito, di ritorno dalla Calabria, passando per la Piana di Casal Velino, dove la popolazione indigena aveva già provveduto a mietere e nascondere il grano, comandò alle sue avanguardie di  cercare campi ancora da mietere.

Ad un certo punto, dopo aver  individuato delle zone coltivate a grano, nell’attuale territorio orriese, il Dux urlò: “horrea mea video!” (vedo i miei Granai).

Al di là del mito, gli storici rilevano che “Horrea” era il lemma con il quale le congregazioni religiose definivano alcune “Grancie”(colonie agricole) destinate alla conservazione dei cereali ed altri prodotti agricoli.

Un’ origine etimologica, sebbene non documentata, mai dimenticata dalle genti del luogo.

CENNI STORICI

Sebbene i primi documenti che confermino l’esistenza di questo casale denominato Oriola e poi Oria, risalgano all’11° secolo,

la storia di Orria e delle sue frazioni, è analoga a quella di tanti piccoli borghi cilentani, sorti in seguito alla distruzione, per mano dei Barbari, nel 6° secolo d.C., di Velia, l’antica Elea per i Greci. Una delle città più illustri e famose del mondo antico, il cui splendore è collegato all’opera dei Focesi , navigatori ed esploratori temerari approdati sulle coste del Cilento, alle foci dell’Alento, provenienti dalla Corsica (Alaia), dove si erano stabiliti momentaneamente, dopo la fuga dalla Grecia, in seguito all’assedio sanguinoso dell’esercito persiano guidato da Arpago, alla loro città nel 545 a.C.

Il nome di Velia è legato in maniera inscindibile ad una delle maggiori e più importanti scuole filosofiche: la scuola Eleatica, fondata da Senofane di Colofone e resa famosa da Parmenide e dal suo allievo Zenone.

Nel corso dei secoli, Velia, al pari delle altre colonie greche, quali Paestum (Posidonia, per i Greci) e Bussento, subì numerosi tentativi di invasioni.

I primi ad assediarla, nel 5°secolo a.C. furono i Lucani, orgogliosi guerrieri di razza sannitica.

Dai Lucani deriva il nome dell’intera area che comprende il Cilento, il Vallo di Diano e la Basilicata: la Lucania.

I rapporti fra i due Popoli, in un primo tempo, ostili, divennero ben presto di collaborazione, con benefici reciproci. I Greci, erano guardiani del mare, i Lucani custodi dei territori interni ove fondarono numerose città fra le quali Civitella e Roccagloriosa.

Una collaborazione stroncata nel sangue dai  potenti eserciti romani, nel 275 a.C.

Durante l’età imperiale, Cesare Ottaviano Augusto, dividendo l’Impero in province, incluse il Cilento nel 3° dipartimento, destinandolo, di fatto, a pertinenza agricola di Roma, ovvero, luogo, dove allevare i migliori animali e coltivare i prodotti da destinare alle mense dei romani.

In seguito, le invasioni barbariche e la conseguente caduta dell’Impero Romano d’Occidente,  la guerra Gotica, l’imposizione feudale dei Longobardi ed i continui saccheggi dei Saraceni, determinarono la disgregazione del Cilento in tanti piccoli nuclei che, nonostante la vicinanza, si ignoravano del tutto.

I centri maggiori sulle coste si svuotarono e la popolazione si disperse nell’entroterra, in zone più inaccessibili per i predatori, dando vita a molti villaggi , sorti spesso vicino ai conventi edificati dai monaci Basiliani.

Quest’ultimi arrivati nei territori cilentani intorno al 7°secolo d.C., per sfuggire alla furia iconoclasta scatenatasi nel loro paese.

Successivamente, i Longobardi, istituirono il Principato di Salerno e di guisa divennero anche padroni del Cilento. Il loro dominio durò fino al 1076, anno in cui , il Principato di Salerno, fu conquistato dai Normanni di Roberto il Guiscardo, il quale, in segno di gratitudine per la fedeltà mostrata, donò il Cilento a Troisio Sanseverino: la cui famiglia, fra alterne vicende, dominò su questa terra fino al 1500.

Secondo alcuni studiosi, Orria, al contrario dei Casali vicini, non apparteneva alla Baronia di Novi, dipendendo direttamente dalla Corona.

Dal 1476, anno in cui il Re vendette Gioi al suo primo Ministro: Antonello De Petruciis, fino al 1772, i casali di Orria, Piano e Vetrale, insiemi agli attuali territori dei Comuni di Salento, Perito e Moio della Civitella, divennero possedimenti dello Stato di Gioi e di questo seguirono le sorti.

Nel XVI Secolo, terribile fu la catastrofe umanitaria causata, prima da una grave carestia e poi dall’epidemia di peste del 1656, che decimò l’intera comunità orriese.

Dopo il 1500, a seguito della rinuncia di Ferrante Sanseverino ai suoi possedimenti, la terra cilentana fu smembrata  e venduta ai vari nobili.

Quest’ultimi, quasi sempre napoletani, per la gestione dei vari feudi, si affidarono a fiduciari senza scrupoli che non esitarono a vessare con ogni angheria i poveri contadini, costretti a sopravvivere con gli avanzi di quello che essi stessi producevano.

 I Baroni, con la forza ed il sopruso, nei secoli 16° e 17°, vantando diritti illimitati sui loro possedimenti, di fatto, ripristinarono la servitù della gleba.

Furono anni di fame, carestie, sfruttamento ed abbandono, che generarono la risposta della ribellione e della violenza: i Briganti.

Si narra, che proprio nelle campagne del Comune di Orria, i fratelli Capozzoli di Monteforte, famosi banditi dell’epoca per il Regime Borbonico, valorosi patrioti per le genti Cilentane, trovarono rifugio ed aiuto dalle famiglie locali.

Vicenda, ormai consolidatasi nell’immaginario popolare, sebbene trattasi di un “falso storico”, come sottolineato da alcuni studiosi. L’errore, perpetuatosi negli anni, è stato quello di inquadrare la vicenda dei fratelli Capezzoli, nel periodo del Brigantaggio, successivo ai “Moti del Cilento” del 1828, che videro quali sfortunati protagonisti i fratelli di Monteforte Cilento.

Nel 1772, Ferdinando IV di Borbone, autorizzò la divisione del Feudo di Gioi.

L’8 agosto 1806, durante il Governo Napoleonico, Orria divenne Comune autonomo e nella sua circoscrizione venne inclusa la frazione Piano Vetrale ed il territorio dell’attuale Comune di Perito e della sua frazione Ostigliano, divenuto autonomo il 17 Novembre 1849.